Le origini


La prima volta che il nome di Aiello appare su un documento conservato, a quel che ne sappiamo, è il 13 dicembre 1202 e a quel giorno noi dovremmo datare ufficialmente la sua nascita e da quel giorno iniziare ufficialmente la sua storia. Ma le fonti scritte non sono le uniche, benché le più importanti, che lo storico abbia in mano per poter compiere la sua opera. Se così fosse ben poco sapremmo anche di epoche a noi relativamente vicine. Ad altre fonti può egli ricorrere: fonti toponomastiche, archeologiche, numismatiche e via dicendo. Ora, alcune di queste fonti vengono in aiuto anche alle nostre modeste ricerche, permettendo di situare l'esistenza di Aiello in date molto più a monte di quella sopra ricordata.


Innanzi tutto le fonti toponomastiche. Aiello o Ajello, come fino a non molto tempo fa era più ricorrente veder scritto, deriva il suo nome con ogni probabilità dal latino agellus (e così lo vediamo appellato nel documento sopra ricordato) voce che è un diminutivo di ager = campo e significante quindi campicello, poderetto (povero, da nulla ovv. grazioso). Vocabolo già del latino classico, usate da Cicerone ed altri.

Esiste anche un'etimologia popolare del nome Aiello, più fantasiosa ma meno "rurale": il nome deriverebbe dal fatto che qui sorgeva la "plaza dal aj", cioè il luogo dove si commerciava l'aglio, di Aquileia romana. In questo modo, anche nella fantasiosa versione popolare potremmo basare le più lontane origini di Aiello nell'epoca romana.


I romani incominciarono ad interessarsi di queste zone, abitate allora dal popolo celta dei Carni, dopo le guerre vittoriose contro i Galli della Pianura Padana finite nel 222 a.C. con la presa di Milano. Allora anche i Veneti per amore o per forza dovettero accettare la loro alleanza il che portò gli interesse romani fino in Friuli. In seguito ad una calata di Galli dalle Alpi, che nel 186 a.C. si stanziarono nella pianura friulana, costruendo un castello a 12 miglia dalla zona dove poi sorgerà Aquileia, il Senato romano decise di difendere quelle zone, che considerava di propria influenza, affinché cose del genere non si ripetessero più.

Così, scacciati i Galli, stabilì nel 183 a.C. di costruire una colonia in quella regione, ma solo due anni dopo essa fu posta in essere dai triunviri P. Scipione Nasica, C. Flaminio, L. Manlio Acidino con la costruzione di Aquileia e la distribuzione di 50 jugeri di terreno a ciascuno dei 3000 coloni latini colà portati. Ai centurioni e ai cavalieri ne toccarono porzioni più vaste.

 

Ora può benissimo essere che Aiello fosse in origine nient'altro che uno di questi "fundi" divisi tra quei coloni latini. Bisogna però tener conto anche della preesistente popolazione celtica. Non si può sapere se il territorio aiellese fosse effettivamente abitato prima del 180 a.C. circa, ma è sicuro ad esempio che nella vicina Muscoli esisteva un centro importante già nell'età del bronzo (1300-1000 a.C.) e a Sevegliano sono state ritrovate amigdale preistoriche. Ricordiamo poi che la località di Novacco ha il caratteristico suffisso aggettivale di proprietà celtico -acco (-acus).
 

Il nome Aiello non è affatto raro e lo si ritrova di frequente nella toponomastica dell'Italia centro-meridionale: abbiamo infatti Aiello Calabro in provincia di Cosenza, Aiello del Sabato in provincia di Avellino e poi vari Aiello presso Teramo, Salerno, L'Aquila, Macerata. Dal nome di località è derivato pure un cognome diffuso nelle stesse zone già ricordate. La diffusione del toponimo, quindi, è classica nella zona marchigiano-abruzzese ed è quindi singolare la presenza del nome in una zona settentrionale, come nel caso del "nostro" Aiello.


Queste che siamo venuti elencando, sarebbero però solo delle supposizioni e niente altro se non fossero suffragate da altre prove, in questo caso da fonti archeologiche. Infatti nelle campagne del paese sono stati trovati diversi reperti certamente attribuibili ad epoca romana.

Tra i più notevoli di questi ritrovamenti è quello avvenuto nel 1960 ad opera di Silvano Buiat nel corso di lavori agricoli. Si tratta di una tomba a forma di parallelepipedo misurante cm. 180x60x45, costruita in mattoni con un coperchio di cotto andato distrutto. In essa si rinvennero poche ossa ed un coltello in ferro della lunghezza di 10 cm. e mezzo.

Altri interessanti ritrovamenti sono avvenuti in località Prati. Si tratta di mattoni marcati, a quanto sembra resti di case contadine. Invece in località Milaca sono venuti alla luce anche tesselli di mosaico bianchi e neri, assieme a vari cocci e mattoni ad arco o a "fetta di formaggio" probabilmente usati per costruire pozzi e colonne, testimonianza di una casa di una certa pretesa, forse di una villa di un ricco possidente locale. Nelle vicinanze sono apparse pure terrecotte piuttosto primitive, del tipo usato da popolazioni meno evolute di quanto fossero quelle dell'epoca romana; ciò porterebbe a supporre che appartengano appunto ad un'epoca precedente all'insediamento di Roma nella zona. Sicuramente romane invece le urne cinerarie ritrovate in località Brischis .

 

Il territorio aiellese doveva tra l'altro essere favorito dal fatto che era attraversato dalla via che conduceva da Aquileia a Forum Julii (Cividale) e doveva essere via di notevole traffico. Resti di questa via sono venuti alla luce recentemente alla Fredda presso Perteole e qualche pietra di lastricato sarebbe apparsa anche ad Aiello.

Oltre a ciò la naturale fertilità del luogo, posto al limite delle risorgive e perciò ben fornito d'acqua, lo rendeva ottimo per le attività agricole. A questo proposito lo Czòrnig, storico ottocentesco, riferisce, non si sa su che basi, che l'acquedotto di Aquileia iniziava in Aiello. Altri resti sono venuti alla luce presso la cappella "dal Crist" e diversi reperti provenienti da Aiello sono conservati al museo di Aquileia. I ritrovamenti si situano soprattutto sulla linea Prati-Milaca ed è quindi probabile che la strada citata passasse proprio per questa direttrice.
 

Durante il periodo romano Agellus seguì naturalmente le fortune di Aquileia, nel cui territorio municipale era posto, che divenne ben presto un grande centro agricolo e commerciale e nello stesso tempo difesa della penisola italiana da minacce orientali. Da Augusto tutta la zona fu inclusa nella X Regio Venetia et Histria.

L'economia di tutto l'agro aquileiese era naturalmente agricola, favorita anche dai lavori di bonifica attuati nelle parti più paludose, anche se attorno ad Aquileia acquitrini ne rimasero sempre, ma, per il buon deflusso delle acque, in questo periodo il clima era salubre e non malarico. L'agro, dapprima incolto e ricco di boschi, mutò pian piano il suo aspetto e nei primi secoli dopo Cristo viene descritto da vari autori come ricco soprattutto di viti, appese a festoni agli alberi da frutto secondo l'uso etrusco, con tecnica usata fino a non molto tempo fa nella zona, ma non mancavano pascoli per greggi e armenti.


Dei coltivatori, o per lo meno dei proprietari terrieri, del territorio aiellese è rimasta traccia in diverse iscrizioni ritrovate nel territorio comunale. Conosciamo così un L. Fundarius Rufus, decurione aquileiese, e sua figlia ed erede Fundaria Athenais, oppure M. Julius Soter e la moglie Peronia Aquileiensis, oppure M. Caesius Q.f. Annius Priscus, veterano della Vili legione Augustea, a cui probabilmente era stata concessa della terra in seguito ai suoi servigi militari. Costui doveva essere abbastanza ricco, infatti nella stessa lapide si ricordano, oltre alla sua compagna Carconia M.f. Prisca, quattro suoi liberti: Primus, Tyrannus, Eutychus ed un altro il cui nome ci è giunto mutilo Vac....

La vita dell'agro quindi, a giudicare dai reperti: lapidi, tombe, statue (si ricordi l'imponente "Navarca" di Cavenzano), doveva essere abbastanza ricca, perlomeno in una certa classe sociale di proprietari terrieri. La campagna potè prosperare negli anni della "pax" romana, non senza però che la tranquillità venisse alle volte incrinata: nel 52 a.C. Aquileia fu assalita dagli Japidi; nel 169 d.C. fu nuovamente assediata dai Quadi e dai Marcomanni, che distrassero Opitergium (Oderzo) e danni ne saranno venuti certamente anche all'agro aquileiese.

 

Ma fu nei secoli che la costruzione imperiale incominciò a indebolirsi e non solo dai barbari il paese dovette temere, ma dagli stessi eserciti imperiali in lotta per il potere, e Aquileia si trovò in una posizione importante, proprio su una via obbligata tra Oriente ed Italia. Così accadde che essa fosse assediata nel 238 d.C. dall'imperatore Massimino il Trace, i cui eserciti diedero il guasto alle campagne.

Ma Massimino trovò la morte sotto le sue mura. Così nel 361 furono gli eserciti di Giuliano l'Apostata ad assediare la città. Seguirono incursioni barbariche. Ma la città di Aquileia per il momento non ne soffrì, anzi vide accrescersi il numero dei suoi abitanti. Infatti l'insicurezza e la pericolosità della vita nell'agro spingevano molti suoi abitatori a rifugiarsi nelle più sicure mura cittadine.
 

Aquileia divenne sul finire della romanità un centro di cultura e una sede vescovile della nuova religione cristiana che aveva conquistato l'impero. La fuga dai campi provocò però un rallentamento delle attività agricole e un impoverimento della campagna stessa. Un duro colpo anche alla città lo diede Attila nel 452, mettendola a sacco.

Aquileia sopravvisse, ma ormai ridimensionata ed emarginata: molti suoi abitanti si ritirarono sulle isole lagunari; si era entrati ormai nel buio Medioevo.

 

 

 

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