Presentazione


Mettere a tema di una ricerca «il popolo» - come appare già nel titolo dì questa pubblicazione - significa operare una scelta che privilegia il fattore umano nella ricostruzione di una realtà locale: quindi, la vita quotidiana della gente, la sua economia, la sua fede ed i suoi momenti sociali.

Una scelta non comoda: perché costringe a cercare documenti, a trascriverli, a confrontarli (al contrario di certi discorsi ideologici, camuffati per storia, che riempiono analoghe pubblicazioni). Ma una scelta produttiva: che permette al lettore di sentirsi toccato e provocato nella sua umanità dalla realtà viva dì una comunità locale, dalle persone e dalle istituzioni vissute attorno ad un campanile.

 

Ferruccio Tassin persegue da anni questa linea culturale, con una serie di interventi sul territorio, sugli avvenimenti paesani, sugli edifici, sulle famiglie: che lo hanno posto a contatto con gran parte della «Bassa» fra Fiumicello e Palmanova.

Una certa sua preferenza per la vita religiosa delle popolazioni e per le istituzioni ecclesiastiche non appare solo giustificata dal fatto che tali fonti sono trascurate, pur essendo talvolta abbondanti; ma soprattutto dal fatto che archivi parrocchiali, atti di Vìsite pastorali, memorie dì parroci, permettono di esplorare la vita delle popolazioni secondo un criterio di vera globalità (non parziale, quindi).

 Poiché in poche fonti, come in quelle ecclesiastiche, si ritrovano mescolati dati demografici, economici, artistici, geografici: tutti rimescolati nella trama dì una vita personale e sociale che aveva nella fede cristiana la sua visione antropologica e storica.

 

Un noto storico dell'economia, C.M. Cipolla, afferma che «nella storia sociale entrano valori che non possono essere misurati soltanto in termini economici» e che «per il buon funzionamento di una società occorre la presenza di qualità psichiche ed etiche, quali la collaborazione, lo spirito di sacrificio e dì iniziativa, la curiosità intellettuale e sperimentale». E proprio qui si colloca il valore storicamente essenziale di quel sistema religioso ed ecclesiastico che educò, attraverso i secoli, le nostre popolazioni a tali valori.

 

La Chiesa svolse pazientemente, fra cadute ed interruzioni, un lungo processo di umanizzatone e famiglie e nelle comunità locali, sulla base di una comune concezione della vita e di una prassi di convivenza, ritmata e sorretta dai segni e dai gesti della fede.

Tutto questo patrimonio di vita popolare nelle comunità di Aiello, Crauglio e S. Vito al Torre, trova vivace descrizione nelle pagine di Tassin; si tratta spesso di una puntuale trascrizione del documento, che si raccomanda da se per la ricchezza dei dati ivi contenuti. Attraverso la rilevazione compiuta nelle tre località dai Visitatori (sbiaditi Arcidiaconi prima e poi quel grande pastore che fu l'arcivescovo Carlo Michele d'Atte tris) , la situazione ecclesiastica e religiosa emerge in termini molto concreti: cimiteri dove non deve entrare a pascolare il bestiame, la costruzione di una chiesa che non va avanti, le entrate della parrocchia, i contrasti fra quelli di Aiello e quelli di Vìsco, le processioni oltre il Torre, i promessi sposi che aspettano troppo, le inondazioni e le coltivazioni...

Un quadro ben documentato di importanti aspetti della vita paesana: le risposte fornite dal clero e soprattutto dai laici alle domande del Visitatore (gli «scrutinia») aggiungono ulteriore vivacità al testo.


Talune caratteristiche di tale fisonomia complessiva così come risulta in questa pubblicazione nel quadro del Settecento meritano forse una sottolineatura:

  • la logica che domina la vita economico-socìale non è ancora quella produttivistica: i maggior investimenti sono quelli di carattere religioso (la costruzione della chiesa), di rappresentanza (la residenza del nobile), mentre l'economia è ancora di pura sussistenza;

  • l'onore della propria comunità coincide con l'onore della propria chiesa e del culto: ciò spiega anche il puntiglio per le questioni di precedenza fra le comunità nelle processioni ed in altre occasioni;

  • evidente e clamoroso il salto che appare fra la situazione della vita religiosa alla fine del Cinquecento ed all'inizio del Settecento: da cui risulta il valore fondamentale dei mutamenti operatisi nel corso del Seicento in campo religioso e culturale, grazie alla riforma cattolica ed ai grandi movimenti religiosi presenti sul territorio (gesuiti, domenicani, francescani);

  • la situazione economica era ben depressa (un bovino di due anni superava a stento il quintale e mezzo di peso, la resa dì frumento non andava oltre il rapporto 1 a 5, la media della produzione artigiana era bassa); ma il criterio quantitativo ignora il fatto «qualità», per cui la serratura o l'inginocchiatoio, l'armadio e la croce possono risultare vere opere d'arte: segno che «l'artigiano del tempo trovava nel proprio lavoro un gusto, una soddisfazione ed un senso dì dignità purtroppo estranei alla catena di montaggio» (C.M. Cipolla);

  • la partecipazione del «comune», cioè di tutta la popolazione, alle decisioni ed ai problemi riguardanti la vita religiosa era costante e reale, sia nei beni (della chiesa, delle confraternite) sia nei gesti (le processioni) ; se è consentito un confronto, una partecipazione ben più responsabile dì oggi, quando i laici (come mi osservava argutamente lo storico Angelo Gambasin) hanno una serie di grandi affermazioni post-conciliari dalla loro parte, che ne esaltano la dignità e la partecipazione nella Chiesa, ma non hanno neppure lontanamente i poteri reali che avevano un tempo nella vita religiosa delle nostre comunità;

  • la presenza di alcuni nobili anche fra il clero in cura d'anime (i de Comelli, i Gorizutti), se implica da un lato una prassi sociale legata al potere delle classi nobiliari, fa riflettere dall'altra come solo nella logica della vita della Chiesa potesse accadere che esponenti dei nobili esercitassero un servizio e non solo un potere nella società del tempo.

Mi auguro che le comunità attuali di Aiello, Crauglìo e S. Vito al Torre siano grate a Ferruccio Tassin per aver contribuito in modo così serio e costruttivo alla conoscenza di situazioni e dì vicende che hanno modellato in tanta parte la mentalità, la proprietà, le usanze delle attuali popolazioni.

 

Quello che appare certo è che egli si è reso ancora una volta benemerito nel quadro della storia regionale e della storia della nostra arcidiocesi: per aver valorizzato un importante patrimonio che appartiene a tutti; per aver sollecitato così i responsabili locali ad una maggior attenzione nei confronti della propria storia; per il nuovo contributo fornito nella linea di quella promozione culturale di base che lo vede così operoso fra Comuni, parrocchie, associazioni, centri culturali: sempre pronto a valorizzare, con una capacità di gratuità nel servizio che parla di radici ben qualificate. Ed alle quali anche questa pubblicazione rende gratificante testimonianza.

 

Luigi Tavano

Istituto di Storia Sociale e Religiosa - Gorizia

 

 

 

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